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Era il 23 maggio 1992 quando Giovanni Falcone venne assassinato a Palermo. Trent’anni dopo, la classe 2^A rende omaggio al grande magistrato.

Striscione realizzato dagli studenti dell'Istituto Guido galli di Bergamo in memoria di giovanni falcone
Striscione realizzato dagli studenti

Il 23 maggio 1992, Falcone si stava dirigendo a Palermo, dove avrebbe ricevuto la probabile nomina al ruolo di Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ma il percorso fu interrotto da un’esplosione di mille chilogrammi di tritolo. Oltre al giudice, morirono la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. Vi furono anche ventitré feriti.
Giovanni Falcone era un magistrato impegnato nella lotta contro la mafia in Italia e nel mondo. Dirigeva le indagini, raccoglieva elementi di prova e promuoveva l’azione penale. Riuscì a portare in carcere 475 boss di Cosa Nostra con parecchie condanne a vita.

Il nostro Istituto

Nella settimana del 25 aprile, la classe 2^A dell’Istituto Guido Galli di Bergamo ha contribuito alla creazione di uno striscione che verrà spedito a Palermo e consegnato ai cittadini della città, che lo useranno come decoro sui loro balconi.

Gli studenti, con l’aiuto delle professoresse Ballatore e Pignataro, hanno scelto una frase di Giuseppe Fava, noto giornalista impegnato nella lotta contro la mafia, ucciso da Cosa Nostra nel 1984:

“A che cosa serve vivere se non si ha il coraggio di lottare?”

La frase campeggia su una strada che rappresenta un percorso lungo e difficile, pieno di ostacoli, quello che Giovanni Falcone ha compiuto per la maggior parte della sua vita. Alla fine della strada troviamo un cielo pieno di stelle che rappresenta tutte le vittime morte per mafia.

La frase campeggia su una strada che rappresenta un percorso lungo e difficile, pieno di ostacoli, quello che Giovanni Falcone ha compiuto per la maggior parte della sua vita. Alla fine della strada troviamo un cielo pieno di stelle che rappresenta tutte le vittime morte per mafia.


Lunedì 2 maggio, le classi quarte hanno poi incontrato Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo Borsellino, il magistrato italiano ucciso, insieme con cinque agenti della sua scorta, nella strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992. La figlia ha raccontato di come Borsellino intendeva il suo lavoro: una missione di responsabilità corroborata dalla sua coscienza di uomo libero e civile. La sua storia – ha continuato la figlia – è una storia ancora viva e non deve diventare semplice commemorazione, ma deve essere
ricordata perché ci riguarda ancora tutti.
Se viviamo in un mondo più libero e più giusto, lo dobbiamo a persone come Falcone e Borsellino, e a tutte le donne e gli uomini morti a causa della mafia.
Beneficiamo ancora dei frutti della loro lotta, della loro perseveranza, del loro importante lavoro. Spesso senza neppure saperlo.

Michela Diani

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