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Da te ho imparato, Giacomo, come si guardano le stelle da una finestra mentre il mare, specchio del purissimo azzurro del cielo, respira infaticabile e tranquillo. Da te ho imparato come ci si meraviglia, sovrastati dalle cose non fatte dall’uomo che ispirano quelle che ancora può fare.

Uno dei giochi che il professore Alessandro D’Avenia ama fare con i suoi studenti del liceo è quello di iniziare a raccontare la vita di scrittori e poeti partendo da un’immagine o da una fotografia. A suo dire questo è un modo alternativo di fare le presentazioni, come se si trattasse di un amico incontrato per caso.

Con un solo poeta D’Avenia esordisce in maniera diversa, lo presenta come “Il più grande poeta moderno” e poi i ragazzi devono indovinare di chi si tratta. Difficilmente viene fuori il nome di Giacomo Leopardi, perché purtroppo Leopardi si porta dietro quel manto di “sfiga” e pessimismo che una certa critica gli ha affibbiato molti lustri fa. Non deve essere facile per un professore innamorato della sua poetica convincere gli studenti che quello di Giacomo Leopardi non è pessimismo, ma che il suo pensiero anzi è vitale, esplosivo, tendente all’infinito.

In questo libro, che è una lunga lettera scritta in seconda persona, Alessandro D’Avenia si rivolge direttamente al suo amico Giacomo chiedendogli essenzialmente due cose: cosa vuol dire essere adolescenti e cosa rimane dentro di noi di questa età della vita. Per poi, naturalmente, ringraziarlo.

Una cosa è subito chiara: gli adolescenti non hanno domande, ma sono domande, sono un continuo oscillare tra desideri e disastri (de-sidera, distanza dalle stelle e dis-astro, assenza di stelle). Ma come fare a trasformare questa estrema fragilità, questo limite incipiente, in bellezza? 

È Giacomo Leopardi l’unico poeta ad aver creato massimi esempi di bellezza partendo dai suoi stessi limiti ed è lui il testimonial migliore per spiegare a tutti gli adolescenti di oggi come fare a capovolgere in positivo le loro vite.

Attraverso la lettura delle sue opere, soprattutto dello Zibaldone che Alessandro D’Avenia dimostra di conoscere approfonditamente, partecipiamo alla creazione di un nuovo Leopardi e intraprendiamo un viaggio sorprendente al termine del quale la natura, la sapienza e il nostro io si congiungono in un unico elemento alchemico.

Se sia una lettura più indicata per l’adolescente che voglia affrontare con slancio questa fase della vita, o per il docente che abbia voglia di misurarsi con la grande sfida lanciata da D’Avenia, questo non possiamo dirlo. Di certo possiamo dire che questa nuova prova dell’autore di Bianca come il latte, rossa come il sangue non è solo un romanzo d’amore, ma è una dichiarazione d’amore, verso un’età della vita e soprattutto verso il suo mestiere di insegnante.


Alessandro d’Avenia, L’arte di essere fragili, Mondadori 2016


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