Sharing

Un focus particolare sull’alimentazione dell’antica civiltà romana, con un’attenzione specifica verso i singoli ingredienti e gli stili di comportamento della popolazione romana a tavola, con i tratti caratteristici culinari ben dettagliati e i rituali, come ad  esempio i banchetti, molto interessanti. 

Inizieremo raccontando le origini della cucina romana, composta dai semi dei cereali minori, quindi orzo e farro, che non procuravano farina panificabile; insieme a questi cereali venivano coltivate fave e piselli, per formare il cosiddetto ‘margine di sicurezza’, con un raccolto sempre garantito, anche in un periodo di produttività più bassa. I cereali venivano cotti e successivamente macinati, e la farina ottenuta veniva mischiata ad acqua o latte divenendo la base di pappe chiamate pultes. Queste pappe venivano arricchite da semi di lino, oppure da cavolo o cipolle. 

I pasti erano composti dai derivati del latte, uova e verdure e si utilizzava molto l’aglio, le cipolle, le carote, gli asparagi e le erbe selvatiche. I metodi di conservazioni invece erano principalmente tre: aceto, sale e miele. La carne era rara e veniva utilizzata soprattutto nei sacrifici (l’animale più sacrificato era il maiale). Le carni preferite dei romani erano quelle di suini, ovini, selvaggina e pollame; mentre la carne bovina era particolarmente ricercata insieme a quella di cinghiale.

Il pesce entrò tardi nell’alimentazione quando si iniziarono a costruire piscinae e veri allevamenti ittici: i più apprezzati erano le aragoste, le ostriche e le spigole. Il burro, oggi ingrediente essenziale, era usato solo come medicamento. Le uova e i formaggi erano molto diffusi; dei secondi lo era soprattutto la ricotta, che insieme al miele è alla base della maggior parte dei dolci dell’antica Roma. Il vino e l’olio sono introdotti rispettivamente grazie al re Numa Pompilio e a Tarquinio Prisco. Il consumo di olio era elevato, per questo le olive erano utilizzate quotidianamente.

Per quanto riguarda la frutta, i romani mangiavano le ciliegie, le albicocche e i limoni, e per quanto riguarda i frutti selvatici le fragole di bosco, i lamponi e le more; anche la frutta secca era apprezzata, come le castagne, le mandorle e le noci.

L’Etruria è stata essenziale per risolvere le crisi alimentari, vendendo il grano a basso prezzo. Durante però l’espansionismo dei secoli successivi, la crescita della popolazione portò a finire le scorte di cibo, generando una situazione sociale esplosiva. 

Gli stili di vita dei greci conquistarono molti romani: il primo grande cambiamento riguarda la carne, che perse il carattere di cibo eccezionale; il vino e l’olio divennero di uso comune e venne introdotto il pane azzimo (senza lievito). Con l’arrivo di artisti e filosofi greci arrivarono anche cuochi che portarono le loro spezie facendo conoscere nuovi sapori ai romani. Il contatto con i Galli fu determinante, invece, per scoprire nuove tecniche di conservazione e salumeria. 

I BANCHETTI

Sempre grazie ai greci si diffuse l’usanza dei banchetti, dove si veniva serviti da schiavi che portavano cibi e bevande raffinati e si era circondati da oggetti preziosi in metallo, bronzo, oro e argento, realizzati da famosi artigiani; inoltre, durante i banchetti si indossava una veste attillata di lino chiamata “vestis cenatoria”. Si mangiava con le mani, in quanto si mangiava da sdraiati, quindi tutte le pietanze venivano servite già tagliate, e venivano consumati cibi solidi (mentre quelli liquidi erano usuali nell’alimentazione quotidiana), e il vino era sempre diluito con l’acqua perché altamente alcolico. Durante il banchetto vi era un’usanza bizzarra: quella di non iniziare a spazzare il pavimento mentre qualcuno si trovava ancora nel triclinium (= sala da pranzo). Questo comportamento scaramantico faceva da corollario alla consuetudine di lasciare tutti gli avanzi in bella vista sul pavimento, consuetudine che era la rappresentazione della fortuna e dell’opulenza della casa: spazzare gli avanzi veniva quindi interpretato come scacciare via la fortuna.   

La cena era divisa in due momenti,  un primo, costituito dal pasto vero e proprio con prevalenza di alimenti solidi e consumo moderato di bevande;  un secondo, che durava di più, in cui si poteva alzare il gomito e intrattenersi con attrazioni. 

La portata del pasto era chiamata ferculum, una parola che originariamente indicava il piatto.  In una cena, in generale, venivano serviti tre fercula, ma con l’importanza della cena aumentava il numero, fino a raggiungere le sette portate.

Si cominciava con la gustatio, una sorta di aperitivo composto da antipasti che servivano a risvegliare il palato. Venivano servite uova, zucche, verdure, pollo ed ostriche, accompagnate da vini artificiali preparati con assenzio.

L’aperitivo alcolico spesso era costituito da vino al miele, il mulsum. Alla gustatio, seguiva una portata composta da pesce, carne e verdure, chiamata prima cena. Ne seguiva un’altra chiamata altera cena, composta da arrosti, generalmente cacciagione, o da piatti esotici. Si terminava con un dessert. Questo momento era chiamato secundae mensae perché venivano portate nuove tavole: i Romani,  si limitavano a sostituire la tovaglia, quando c’era, o a sostituire i piatti sporchi. La portata era costituita da frutta fresca e secca e soprattutto da dolci. Il vino era bevuto con moderazione per non compromettere il gusto dei cibi.

Dopo la cena, nelle grandi occasioni, veniva offerto agli ospiti un prolungamento della cena. Questo momento era chiamato commisatio, e poteva protrarsi a lungo nella notte. Si trattava di una bevuta accompagnata da piatti leggeri e saporiti che stimolavano la sete. Per la commisatio, gli ospiti mettevano in testa corone di fiori, mentre a tavola venivano portate coppe di vino per il brindisi. La bevuta, se rispettava le regole classiche, cominciava con delle libagioni in onore di Dioniso che aveva dato il vino agli uomini, le donne non potevano partecipare perché non le era concesso di bere, e i mariti erano accompagnati da danzatrici che rallegravano la serata. Infine, non si usciva dalla casa dell’amico senza aver ricevuto un Apopherata, che significa regali: infatti quando si era ospiti a fine banchetto si ricevevano regali come profumi, coltelli, ombrellini…

I LUOGHI DEL CIBO

Nell’antica Roma, quattro erano i luoghi destinati alla vendita di cibi e bevande, che già disponevano di insegne per attirare clienti: tabernae vinarieae (i bar), papinae (le trattorie), theromopolia (tavole calde) e capuonae (le locande); troviamo anche delle bancarelle per la vendita ambulante (lixae). Troviamo testimonianza di questi luoghi in città come Pompei e Ostia. 

IL PANE

cereali, ma non erano solo fondamentali nell’alimentazione, erano anche la base per fare il pane. Viene infatti collocata nel I sec. d.C. la sua nascita. Troviamo il pane bianco, il pane siligineus, il pane per la plebe (non era bianco ma nemmeno integrale), pani integrali come quello fatto col farro o con farina integrale non setacciata, il pane speciale come le gallette, e infine il pane riservato ai soldati e ai marinai

Abbiamo già parlato dell’importanza dei cereali, ma non erano solo fondamentali nell’alimentazione, erano anche la base per fare il pane. Viene infatti collocata nel I sec. d.C. la sua nascita. Troviamo il pane bianco, il pane siligineus, il pane per la plebe (non era bianco ma nemmeno integrale), pani integrali come quello fatto col farro o con farina integrale non setacciata, il pane speciale come le gallette, e infine il pane riservato ai soldati e ai marinai. 

CIBO E ARTE

Il cibo era molto raffigurato negli affreschi e nei mosaici romani. Troviamo molto interessanti due testimonianze.

La prima riguarda l’usanza di non spazzare il  pavimento: l’artista  Sosos rappresentò a mosaico il pavimento non spazzato con i resti di tutti i cibi (osarotos oikos) che fu determinante nella scoperta dei cibi utilizzati, che corrispondono all'odierna dieta mediterranea.

La prima riguarda l’usanza di non spazzare il  pavimento: l’artista  Sosos rappresentò a mosaico il pavimento non spazzato con i resti di tutti i cibi (osarotos oikos) che fu determinante nella scoperta dei cibi utilizzati, che corrispondono all’odierna dieta mediterranea.

affresco di Pompei che raffigura quello che i romani donavano ai propri ospiti appena giunti per il banchetto: acqua e pesche. Questi tipi di affreschi, molto simili ai dipinti che oggi definiamo “di natura morta”, sono chiamati xenia. 

La seconda è un affresco di Pompei che raffigura quello che i romani donavano ai propri ospiti appena giunti per il banchetto: acqua e pesche. Questi tipi di affreschi, molto simili ai dipinti che oggi definiamo “di natura morta”, sono chiamati xenia

Linda Buccella e Giulia Rossi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: